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DIVINITA'
ERIS - DISCORDIA


Nome: Eris in Grecia, Discordia a Roma.

Genitori: Erebo e Notte, sorella tra gli altri di Etere, Giorno, Tanato (dio della morte), Ipno (dio del sonno), Nemesi (dea della vendetta divina). Secondo altre versioni è invece sorella di Ares.

Figli: Secondo alcune versioni Deimos (il terrore) e Fobo (la paura).

Ruolo: Dea della discordia.

Mito: Divinità minore, associata al culto di Ares, di cui era fedele ancella e compagna indivisibile. Fomenta le battaglie, le liti e l'anarchia. Il suo nome deriva dal nome delle Erinni.

Leggende: Fu scacciata da Zeus, dall'Olimpo, perché seminava zizzania fra gli dei. Per vendicarsi di questo esilio e dell'altro insulto fattole non invitandola alle nozze di Peleo e Teti, Eris vi intervenne lo stesso e, per gettare lo scompiglio tra le divine invitate, lanciò fra loro la fatale mela d'oro con su scritto "alla pił bella" che subito scatenò fra loro la tumultuosa contesa per il possesso del frutto e del riconoscimento che esso avrebbe comportato. Tutte le dee avrebbero voluto appropriarselo, ma alla fine la gara si restrinse fra le tre più potenti e importanti di esse, e cioè Era, Atena e Afrodite che invocarono da Zeus un arbitro. Il padre degli dei affidò questo difficile compito al giudizio del pastore Paride, figlio di Priamo. Davanti a Paride comparvero le tre dee, cercando ciascuna di guadagnarsene il favore con le più allettanti promesse: Era l'avrebbe colmato di ricchezze, Atena gli avrebbe fatto dono della sapienza e della virtù, Afrodite infine gli avrebbe concesso l'amore della più bella donna del mondo. E così il pomo della discordia toccò ad Afrodite, la quale, aiutando Paride a rapire Elena, assecondava inconsapevolmente la torbida intenzione di Eris, causando e dando inizio alla decennale guerra di Troia.

Iconografia: La temibile dea era rappresentata in compagnia dei suoi temibili figli che, nelle battaglie, eccitavano gli eserciti alla crudeltà ed alla strage. Virgilio la descrive in compagnia di mostri all'ingresso dell'Ade, con serpenti per capelli, annodati con bende insanguinate. Altre volte è descritta come una donna con il capo alto, labbra livide e smorte, occhi biechi, malati e pieni di lacrime che solcano le pallide gote, le gambe torte, i piedi sottili, un pugnale infisso nel petto, avvolta da una tenebrosa ed oscura aura.

Immagine in alto: Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625.


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